02/11/2011
il pericolo di diventare maestri
Il pericolo di diventare tutti...maestri
Martedì 1 novembre il M° Daigo ha tenuto la sua prima lezione a Venezia, insieme alla M^ Nagai e al M° Matsumoto. Una discreta partecipazione, circa 30 judoka di ogni parte d'Italia, dei quali molti appassionati e non con incarichi specifici : docenti, arbitri e quant'altro. Diciamo liberi praticanti. Gli "incaricati" ufficiali non hanno dato importanza a questo appuntamento. Tutti maestri.
A parte questa osservazione iniziale, leggermente polemica, volevo rivolgermi ai miei amici, quelli veri, seri praticanti e animosi di apprendere. Dal mio punto di vista, per cui facilmente contestabile, volevo far notare alcuni aspetti che forse mi renderà un pò antipatico, ma chi mi conosce sa ciò che esporrò viene dal cuore e non per interesse. Io sono stato onorato, insieme all'amico Paolo Malaguti, dal M° Daigo a collaborare ai lavori, durati 6 ore, per la comprensione dei principi espressi nel koshiki. Eviterò di entrare nel merito di questi principi, non ne sarei capace, ma puntare sul tema di questa mia opinione. Lasciando da parte le cose positive quindi grossa opportunità di lavorare con una leggenda vivente, la condivisione con sinceri praticanti, uno spirito allegro e serioso che si respirava a Venezia, insomma tutto positivo, ma....c'è un ma! Credo che il pericolo sia dentro di noi, i cosidetti "sinceri praticanti" tanto sinceri che stiamo diventando tutti portatori di "modelli" di koshiki divisi in ; puristi, garisti, osservanti, teorici, garantisti, opportunisti, nostalgici, e forse ne ho lasciato fuori qualcuno. Al di là delle categorie, ritengo che fra tutti noi manca una denominazione comune, la comprensione. Considerare che la tecnica in sè è un limite e occorre entrare nel " principio" per comprendere perchè si fa così o cosà, unito ad uno spirito intriso di umiltà. Mi ha stupito il fatto che un 10 dan si interroghi su dei piccoli particolari e dica, "sono 60 anni che pratico koshiki e devo ancora capire". La dimostrazione della sua umiltà è l'Amore che mette in questo percorso, che non è solamente tecnico, entusiasmandosi davanti ad una bella dimostrazione e sorridendo malizioso ad un errore. Mi sgomenta sentire " tre, quattro o cinque passi " oppure " prima si faceva così..." trascurando invece la "giusta distanza" , o gli "squilibri", o la "reazione", o la "posizione" Mi sento di dire ai miei amici, a coloro che praticano per il piacere della ricerca, di non fossilizzarsi a degli schemi troppo rigidi, troppo formali, altrimenti si rischia di diventare tutti maestri, ma solo di noi stessi, e invece abbandonarsi alla sensibilità mettendo un pò da parte la razionalità....partigiana.
Gigi moscato