Opinioni

10/10/2006

cos'è per me il Judo

Cos’è per me il Judo.

 Sara Moscato - 2006

Ho sentito tante belle parole sul Judo, ho sentito tante persone che parlavano di spirito judoistico, di agonismo, di amici passati o persi, di vittorie rubate, di palestre costruite, di personaggi memorabili, di Storia. Sono cresciuta con il mormorio di Personaggi- Colosso , di cui adesso ne posseggo solo una debole memoria, soltanto vecchie foto, nomi.
Nella mia “vita” ho visto e conosciuto indirettamente davvero tante persone, sentito tante storie…su questo judo. Ho sentito parlare di tempi diversi,di un judo lontano. E in tutti questi echi, durante questa lenta e indiretta educazione, forse, sono riuscita a intravedere quale possa essere la grande forza della nostra disciplina. Al contrario di molti altri sport, il judo è una disciplina che ha, o almeno dovrebbe avere, come scopo, un obbiettivo “umano” oltre che ovviamente tecnico e pratico. E al contrario di altre discipline, è l’unico che pone l’obbiettivo fondamentale, ovvero l’essere un “buon judoka”, come un qualcosa che va al di sopra dalla propria cultura,  accessibile a ogni religione e concezione, un qualcosa che può essere comune a Tutti. Ovviamente questi presupposti pongono alla base di ogni judoka una grande forza di volontà, in quanto credo che stia nella singola persona, in questo caso nel futuro judoka ricercare, riflettere e perchè no, tramandare, i presupposti base che ha sancito a suo tempo Jigoro Kano. È per questo motivo che siamo noi a creare il buon Judo, perchè indossando il judogi non manipoliamo solo concetti fisici o tecniche, percorriamo un Do, una via. Perchè il judo freddo, tecnico o mirato esclusivamente a un allenamento fisico diviene col tempo un judo che accumula polvere, un judo privo di rinnovamento interiore. Peccato che gli alti livelli, ovunque essi siano, inneschino nuovi atteggiamenti. Atteggiamenti di supremazia, oso nel definirli come obiettivi un troppo personali. Ho visto anteporre troppo avanti a se gli obbiettivi personali dando poi troppo per scontato quelli che invece vengono innalzati dal Judo. Bisogna avere sì ambizione ma sempre molta umiltà ,perchè si deve sempre tener presente che la via dell’arricchimento interiore non dovrebbe mai presentare una traguardo fisso. Questo spunto mi è stato dato da judoka troppo superbi. Il lato umano quindi è fuso con quello della dura pratica, dove viene messo in comune tutto. Personalmente, la maggior parte delle cose che ho tirato fuori dalla pratica,le avevo già dentro di me,in maniera inconscia e meno ampia . La pratica principalmente è stato una sorta di “messa in atto”, di “test”, di riscontro reale del mio...Me. Principalmente nella pratica ho rafforzato le mie idee e i miei valori sotto l’ala di quelli del Judo. Questo mi è stato possibile perchè ho sentito parlare di judo ancor prima nascere, forse un vantaggio...forse un intralcio. Quindi non so se è solo grazie al judo se ho addosso determinati ideali, sviluppato determinati concetti o difetti, tale è stata l’unione tra le due realtà: quella personale e quella judoistica. Posso però affermare che il judo è una realtà che mi ha accompagnato da sempre… per ovvie ragioni. Per quanto riguarda l’atteggiamento judoistico,e quindi anche la cultura nipponica, queste sono state un recente acquisto, anche se non più di tanto sconosciuto. Con queste parole non voglio però mettere in luce solo un unico aspetto del judo, quello Umano: il fatto sta che credo fermamente che essere dei Judoka, non significhi sfoderare l’impegno esclusivamente su dei rettangoli di gommapiuma. Ed è proprio per questa caratteristica peculiare, ovvero che il lavoro del judoka continua anche Fuori dal dojo,è qui, è in questo lato umano e sociale, che il judo,a mio parere, potrebbe riuscire a primeggiare su molti altri sport o discipline. Perchè come mi ha detto qualcuno “non penso si possano fare miracoli in sole 3 o più ore di judo a settimana”.
La pratica:
Il primo gesto che un judoka compie è il saluto. Il Judo prima di tutto educa al rispetto, rispetto e fiducia verso gli altri praticanti, verso il maestro e verso se stessi. Attribuisce già da qui, la grande importanza dei piccoli gesti, dei rituali. Il maestro insegna all’allievo l’importanza del  “saper valorizzare” . Premetto che tutto quello che attribuisco al judo,è possibile solo ponendo alla base un buon maestro, un judoka che abbia ben presente le varie realtà del judo di oggI. Praticando buon judo si impara a saper valorizzare gli altri: la loro persona, il loro corpo, la loro parola e il loro stesso judo. Si insegna a riporre stima verso gli altri, a valorizzarne la collaborazione,l’amicizia. Persone che hanno segnato la mia vita le ho incontrate sul tappeto, nei famosi “stage estivi”,e sono rapporti nati in una situazione di stretta e continua aggregazione, di fatica comune, di ritrovo. Amicizie rare diverse dalla normale vita, amicizie limpide e forti. Forse coincidenze, forse no. Devo ancora sottolineare che la mentalità marziale amplifica le potenzialità delle persone, soltanto se di base, queste sono predisposte a riceverla. Si può dire che il Judo è uno sport per tutti, ma forse non tutti sono fatti per il Judo. Un judoka conosce il significato della perseveranza, della costanza, della continua fatica senza un’immediata ricompensa o risultato.
Il judo nasce come un arte, Il judo è tale perché gratifica la bellezza con il sudore e la pratica,e applaude la maestosità.
Con la pratica si impara a tirare fuori la propria personalità. Si impara il significato della consapevolezza e fiducia: sono del parere che si debba riporre nel maestro sì piena fiducia, ma mai dimenticarsi perchè si è lì,e cosa siamo o cerchiamo. Con la pratica si impara l’uso delle armi: intelligenza, astuzia, furbizia, attenzione, velocità. Armi che devono crescere slacciandosi dalla mente, portando il proprio corpo a muoversi prima del pensiero, sviluppando una sorta di Intuito Primordiale. L’esperienza del judo insegna che un attimo di vita non ritorna più,pagando il prezzo di un ippon memorabile. Insegna a saper riconoscere le opportunità. Il judo aiuta a conoscersi, è come una sorta di specchio marziale: insegna a scoprire quali sono i propri limiti ,facendo vedere molto spesso,anche se pur piccole,indimenticabili sorprese e gratificazioni. Insegnando ai bambini,ho sempre detto loro che il saluto oltre che a un segno di rispetto è una sorta di gomma per cancellare. Un judoka sul tappeto non pensa altro che alla pratica,dalla mente si cancellano tutti i problemi. Il judo…volendo,posso ritenerlo anche un rifugio momentaneo,anche se non sempre,purtroppo,mi è stato possibile. Il judo è collaborazione, è aiuto. Il judo è autocontrollo. Il judo è uguaglianza, tutti hanno gli stessi diritti e valgono tutti allo stesso livello,dalla cintura bianca alla nera. (non è una caso se siamo tutti vestiti di bianco!). Non credo ci sia molto spazio per soprusi o arroganza. Non guardo di buon occhio chi velatamente sfrutta la propria bravura a discapito dei meno “bravi”. Chi fa sentire il peso del sapere. Nel vero spirito judoistico, credo, non esistono disparità, ma solo una bravura o pratica più o meno elevata. O almeno,ripeto, così credo che dovrebbe essere. Tutti hanno il diritto di imparare, perchè anche Jigoro Kano ha “iniziato da zero”.
Il judo è competizione:
“Il judo nasce come un arte, Il judo è tale perché gratifica la bellezza con il sudore e la pratica,e applaude la maestosità” Una bella immagine da incorniciare, gli urli e i fischi ( coriandoli e trombe da stadio!) nei palazzetti durante le gare. Il judo è una disciplina diversa dalle altre,il judo..! Insegnanti, maestri che maltrattano ragazzini di 15 anni per aver perso un combattimento. Che il judo sia una disciplina “diversa” soltanto quando fa comodo che lo sia? È questo il vero “do”? dove devo dirigermi io, judoka, per osservare il buon judo?
Il judo senza parole, il judo che dimostra senza tante ciance o urli fastidiosi. Il judo mirato al judo stesso, non alle vittorie raggiunte per qualche ridicolo punto in più. Personalmente non identifico il judo nella competizione mirata esclusivamente alla vincita agonistica. Ormai ne ho perso completamente la stima. Posso concepire la competizione solo come stimolo. Il judo pone davanti degli ostacoli e delle sfide personali, degli obbiettivi,piccoli o grandi che siano, da raggiungere. Questa, è la mia competizione e il mio shiai: non importa vincere,né tanto meno  partecipare. L’importante è dare “ il meglio di se”; credo che, in una mia visione ,forse troppo ottimistica per molti, che i risultati,se saputi riconoscere, arrivano sempre. Porto con me questa visione nella mia vita quotidiana. Nel judo,non si è mai soli. Nel judo si è sempre “almeno in due”. Alla fine il judo è un po’ come il mare,uno scambio reciproco che va e viene infinite volte...con più o meno scogli. Il judo è stato per me un ulteriore stimolo per portare rispetto profondo verso gli altri,insegnandomi che si può riuscire a eliminare i pregiudizi,e che si può imparare sempre, da tutti, a qualsiasi età. Ho imparato che niente è scontato e che propri dietro le banalità si possono nascondere le difficoltà più grandi. Aggredire davanti a tutti gli atleti che sbagliano, lo reputo un gesto di arroganza. Niente è scontato, soprattutto la vittoria di un atleta, dato che è lui sul tatami e non l’insegnante. A cosa lo sta educando in quel momento il Maestro? A cosa, per caso a non perdere?
Non capisco questo clima da tifoseria da stadio.
Dai miei errori,praticando, ho imparato ad osservare, ad ascoltare. Il judo mi ha insegnato a stare zitta e a saper aspettare. Un vero campione è colui che nella fatica del sudore fa trasparire l’umiltà. E nella competizione l’umiltà più grande non è solo vincere e non esultare per la propria vittoria,ma vincere ed esultare perchè è il judo stesso che vince. Il judo insieme. I traguardi non vengono MAI raggiunti solo grazie a sé stessi.
Facendo judo ho imparato a rafforzare la mia pazienza e forza d’animo e a lottare contro i frequenti alti e bassi, momenti molto comuni per chi pratica questa disciplina. Le varie esperienze mi hanno insegnato a prendere coscienza del fatto che ciò che vedo è solo una piccola parte di cosa ho davanti: attraverso il judo ho imparato, ripeto, a conoscere gli altri,ad ampliare la mente e ad andare oltre ciò che l’occhio vede. Ho imparato a dare importanza alla storia di ogni singolo judoka,mi ha insegnato a rapportarmi con gli altri, a non provare invidia,ma invece curiosità verso le parole altrui. Ho imparato a conoscere me attraverso l’aiuto inconsapevole degli altri.
Ho imparato a concepire il judo come una comunità.
Credo che molte persone si siano innamorate del judo forse perchè il judo stesso li conosceva ancora prima di praticare, e hanno scoperto solo dopo che la disciplina offriva loro molto più di quanto si aspettassero. Il judo è rinnovamento. Il judo è cultura. Un libro aperto. Unendo i miseri pezzettini, sono arrivata,per ora,a una momentanea idea che li unisce tutti: credo che l’egoismo,l’insensibilità e la superbia siano i peggiori nemici di questa disciplina che tanti, credono di praticare e conoscere. La “pecca” di chi fa judo con il cuore, è l’elevata tendenza a riporre molta fiducia nelle persone, spesso non affidabili,o che perlomeno in un dopo, in un Poi...si sono rivelate palesemente come tali. Perchè il primo mattone judoistico è la fiducia giusto? Il compito dei maestri dovrebbe essere, a mio parere, quello di riuscire a comunicare tutti questi aspetti,col tempo, riuscendo a consolidarli dentro ogni praticante. Ovviamente, questo è lo scopo, ma non certo un obbiettivo da poter raggiungere facilmente. Io ora so cosa il judo potrebbe insegnarmi,(almeno…so dove poter cercare ) diciamo che vedo il do, questa mia stradina annebbiata,  un po’ più da vicino.

Ed è quindi grazie a quell’immobile ometto in bianco e nero,lì in quel quadro, che il Judo mi ha dato, dalla nascita, oltre a tutti gli innumerevoli insegnamenti , uno sfondo tutto mio su cui vivere.

Sara Moscato