13/11/2013
Judo - la via della cedevolezza, o della rigidità?
Judo- la via della cedevolezza , o della rigidità?
Tutti conoscono la traduzione del Ju-Do, o meglio tutti dovrebbero conoscerla. Il Fondatore di questa Disciplina scelse il carattere Ju, o Yawara, per indicare il percorso da intraprendere. Occorre andare a Lao tzu, circa 500 prima dell'era Cristiana, per comprendere la natura della cedevolezza descritta dal filosofo taoista.(
Al mondo niente è più cedevole dell'acqua. La Via dell'acqua è infinitamente ampia è incalcolabilmente profonda. Si estende indefinitamente e fluisce senza limiti. Abbraccia tutta la Vita senza preferenze. Non cerca ricompense, arricchisce il mondo intero senza mai esaurirsi. La sua Natura sottile non può essere afferrata, colpiscila e non la danneggerai, forala e non la ferirai, tagliala e non la squarcerai, bruciala e non farà fumo. Cedevole e fluida non può essere distrutta, riesce a penetrare anche nel metallo e nella pietra. E' così forte da sommergere il mondo intero. Si concede a tutti gli esseri, senza ordine di preferenza. Essa è definita suprema virtù. Il motivo per cui l'acqua impersona questa suprema virtù, è perchè essa è cedevole e morbida. Quindi, io dico che le cose più morbide dominano le cose più dure. Il non-essere non ha lacune, perciò la Via è davvero grande.
Evitando paragoni con lo stato attuale del Judo agonistico che di cedevole non ha più niente, la mia riflessione si sofferma sulla mentalità dei praticanti di Judo non più agonisti pertanto non condizionati da questo aspetto. Mi riferisco ai tecnici, compresi i docenti, che acquisita la conoscenza delle tecniche e dei metodi di allenamento non riescono a rimettersi in gioco per cambiare nozioni vecchie e obsolete, inoltre trovano difficoltà ad aggiornarsi su alcune terminologie corrette, solo perchè erano tradotte da tal maestro X o su quel libro X tradotto in inglese o in francese in maniera errata. Mi sono trovato in questi anni a rivedere molte cose che fino a poco tempo fa erano vangelo; traduzioni errate che stravolgevano, modificavano o limitavano alcune tecniche. La fortuna di entrare in contatto con diversi Maestri giapponesi e chiedere loro delucidazioni mi hanno portato ad avere cognizioni più chiare riguardo la traduzione dal giapponese all'italiano. Non è mia volontà spiegare questi aspetti tecnici ma mettere in evidenza la rigidità di molti insegnanti davanti all'evidenza o comunque fermi nelle loro convinzioni, andando contro la natura del Judo stesso. Essere morbidi, gentili, adattabili, leggeri, e non solo nella pratica sul tatami ma nel cuore e nello spirito. Ho voluto trascrivere la mia riflessione e metterla a disposizione di altri perchè sono convinto che un buon judoka deve avere l'umiltà di cambiare le convinzioni di ieri anche se questo vuol dire necessariamente rimettersi in gioco e studiare.
Gigi Moscato